Sembra un argomento scontato quando si parla di un farmaco, ovvero prendi un farmaco e se il dosaggio è insufficiente si aumenta fino a raggiungere l’effetto desiderato. Non si pretende che con un dosaggio dimezzato l’efficacia sia ottimale soprattutto quando si inizia un trattamento oppure quando si è ancora nella fase iniziale dello stesso.
Con l’agopuntura accade spesso che il paziente, sin dai primi miglioramenti, decida causa di forza maggiore di passare da due sedute settimanali a una sola, che molto spesso è insufficiente in fase di attacco, mentre diventa sufficiente solo a risultato consolidato. Ecco che il beneficio raggiunto inizialmente inizia lentamente a sfumare e ci si trova nuovamente a combattere con il dolore.
Diventa davvero difficile a quel punto far capire che il peggioramento necessita di un aumento del dosaggio terapeutico che una seduta alla settimana o meno ancora (tipo 3 sedute al mese) sono assolutamente insufficienti, soprattutto se si tratta di lavorare su una problematica profonda e magari costituzionale o presente da numerosi anni, come ad esempio una cefalea.
Quando una cura farmacologica inizialmente funziona bene e si riduce il dosaggio alla metà, se in seguito alla riduzione non si controlla più il sintomo, diventa immediato il ritorno al dosaggio precedente, che funzionava prima di decidere di cambiare o sospendere la cura. Dopo aver preso per 10 giorni un antidepressivo non lo si riduce mai alla metà; se lo fai è una garanzia di insuccesso farmacologico, un po’ come interrompere l’antibiotico prima del termine scritto sulla confezione: si possono avere infezioni antibiotico-resistenti anche molto pericolose.
Con l’agopuntura purtroppo il ragionamento non è cosí semplice, 10 sedute sono spesso un punto di arrivo e non un inizio, ci si sente facilmente autorizzati a ridurre la frequenza e se il disturbo ritorna la cosa viene vissuta come un insuccesso, come l’ennesimo tentativo fallito, come la prova che si deve convivere con il loro dolore e niente potrà aiutare veramente.
Questo meccanismo psicologico di paura del fallimento è spesso anche un vissuto che il paziente cronico si porta appresso da esperienze precedenti, e a noi medici agopuntori che spesso occupiamo l’ultima spiaggia dei procedimenti terapeutici (quella prima di Lourdes per capirci) capita spesso di passare da venditori di prestazioni e non da medici che vogliono far star meglio il paziente. Il fatto che si tratti di una prestazione anziché di una pillola rende la situazione molto più delicata.
La frequenza giusta è fondamentale soprattutto quando il paziente affronta un periodo di grande stress in famiglia oppure al lavoro oppure quando magari la stagione come quella primaverile tira fuori la cefalea con maggior facilità. Ogni volta che il paziente decide di ridurre la frequenza senza che sia io a consigliarlo, mi pento di questa decisione, mi pento di non aver insistito con più fermezza. Mi lascio coinvolgere dagli impegni e dalla difficoltà organizzativa che rendono senza dubbio il mio trattamento di agopuntura oltre che più dispendioso di una pastiglia anche molto più impegnativo in termini di tempo dedicato.
Sono davvero moltissimi i dolori e in particolare le cefalee che beneficiano dell’agopuntura come un vero trattamento elettivo anche in casi cronici, complessi o secondari a lesioni ma anche malformazioni o costituzioni eredo famigliari. Non esiste un trattamento altrettanto efficace, se ben fatto ovviamente, ma la frequenza corretta è necessaria, anzi: fondamentale. Il bello è che a differenza del farmaco quando il paziente diventa ben controllato arriva veramente il momento di ridurre il dosaggio, ma il momento non è legato alle necessità lavorative o organizzative ma al progredire della cura e quindi la decisione deve spettare al medico e a lui soltanto.
Ho molti pazienti che vengono anche una volta al mese, soprattutto casi di cefalee o dismenorree ormai ben controllate. In questi casi il trattamento diventa sempre meno necessario e il controllo dei sintomi lo evidenzia in modo inequivocabile. L’agopuntura è un cura medica, non è come andare dall’estetista (oggi vado settimana prossima no), bisognerrebbe ricordarselo, ma in un epoca dove si pretende tutto e subito, dove il paziente diventa un po’ il medico di se stesso, dove tutti sanno tutto, dove l’efficienza e il tempo per curarsi sono quasi un miraggio… non è affatto semplice. Ecco che quando i pazienti superano il numero dei canonici 10 trattamenti si sentono già al capolinea e hanno appena fatto il primo passo, magari stanno un po’ meglio, ma soprattutto la vita intorno a loro incalza reclamandoli al dovere.
Un problema importante quello della frequenza da affrontare con serietà e coscienza affinchè l’agopuntura porti veramente la sensazione di un progredire insieme verso uno stato di maggior salute interna ed esterna, davvero stabile e duraturo.