L’osteoporosi in una visione d’insieme

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Termini e Condizioni
L’idea di questo articolo è di provare a vedere una patologia come quella dell’osteoporosi in una visione più allargata, dove lo scheletro inteso come tutta la componente ossea del corpo umano resta saldamente inserito nel sistema a cui appartiene ovvero il sistema chiamato muscolo-scheletrico.
Oggigiorno sappiamo isolare il tessuto osseo e studiarlo nei minimi particolari e conosciamo un’infinità di meccanismi biochimici che prima ci erano sconosciuti sulle diverse cellule che lo compongono. Tuttavia affrontare la cura dell’osteoporosi pensando eslcusivamente a una terapia farmacologica significa considerare unicamente il tessuto osseo nella sua chimica strutturale; anzi, significa considerare unicamente quello che chiamiamo il metabolismo dell’osteoblasta ovvero della cellula capace di costruire l’osso.
Proviamo a pensare in grande non già al tessuto osseo ma all’intero scheletro nel suo insieme e poi ancora alla sua funzionalità non solo di sostegno ma di movimento inserendola nell’apparato muscolo-scheletrico e nel sistema connettivale al quale appartiene e infine facciamo un passo indietro e guardiamo il corpo nel suo insieme considerandolo con il suo complesso meccanismo e network umorale e ormonale.
A proposito di ormoni è interressante sapere che l’ormone somatotropico o “GH”, utile per la crescita in età giovanile, è considerato fondamentale in età adulta per mantenere il trofismo muscolare e osseo ovvero la salute di questi due importantissime strutture. Il GH poi contribuisce a ridurre e limitare il tessuto adiposo ed a favorire il metabolismo in senso lato. La secrezione di questo fantastico ormone decresce dopo i 30 anni fino ad arrivare alla metà intorno ai 50 anni e a 1/3 dopo i 75 ma sappiamo che l’attività sportiva regolare e ben organizzata ne contrasta il calo fisiologico.
Ai corsi di ortopedia universitari si diceva che l’osteoporosi corrispondeva al normale invecchiamento delle ossa con l’età, un po’ come le rughe per la pelle. Il suo eccessivo comparire e anche fare danni è visto oggi come un alterato metabolismo non già a carico esclusivo dell’osso ma di tutto l’organismo un po’ come il diabete.
Ma torniamo alle ossa; esse sono la parte più rigida del corpo in continua crescita e distruzione. Questa caratteristica si chiama rimaneggiamento del tessuto osseo. Sappiamo per certo che la gravità come fattore esterno e la vibrazione che si propaga in tutto il tessuto osseo data dall’impatto delle ossa sul suolo è fondamentale per la sua formazione e solidità. Gli astronauti infatti soffrono di gravissima osteoporosi in assenza di gravità che si ripristina con il ritorno sulla terra. A qualunque paziente allettato e anziano si raccomanda da sempre di camminare e lo stesso vale per qualunque soggetto di qualunque età e condizione generale.
Ma la verità è che non si cammina più abbastanza; una persona attiva mediamente non supera i 3000 passi al giorno e li supera solo se rinuncia all’ascensore, alle scale mobili e soprattutto all’auto. Per arrivare a 10.000 passi deve camminare per almeno 2 ore al giorno. E qui arriva il nuovo limite: il tempo; sono sempre di meno le persone ad averlo questo tempo ad incominciare dai bambini che per giunta nel tempo libero non corrono piu tra di loro ma sono seduti a guardare uno schermo, che sia del telefono del televisore o del tablet poco importa.
Se poi consideriamo una persona poco attiva o convalescente o con una patologia cronica si può facilmente capire come il numero di passi possa drasticamente scendere. Limitarsi a dire che bisogna camminare non basta, ormai lo sappiamo tutti, come dopo un infarto del miocardio o dopo una frattura di femore o una patologia sistemica in età avanzata, la riabilitazione è diventata un passaggio ospedaliero indispensabile, non esiste più un ortopedico al mondo che operi senza una riabilitazione, tutti sanno che l’operazione può essere la migliore ma se non si fanno i passi necessari il risultato può essere incredibilmente ridotto e insufficiente.
In ambito non patologico e ovviamente non di ricovero significa sostenere l’invecchiamento con un programma di lavoro fisico quotidiano e con intensità progressiva che vada a stimolare la funzionalità persa in maniera graduale. La vitamina D, gli ormoni estroprogestinici , una sana dieta e corretta assunzione polivitaminica, di amminoacidi essenziali e minerali sono raccomandazioni classiche e note ormai a tutti, non solo ai dottori. Ma l’accento sul potenziamento muscolare andrebbe inquadrato e sviluppato maggiormente non solo negli ambiti ristretti delle palestre e dei body builders e tantomeno guardando sui social. Il rischio infatti è che si facciano esercizi non adeguati al nostro fisico causando dolori, infiammazioni e disagi talora severi.
Ad ogni soggetto il lavoro va personalizzato e bilanciato esattamente come una dieta, attraverso una valutazione globale che tenga conto dell’età (se in via di sviluppo oppure in menopausa, se con limitata o assente attività sessuale), del tipo di vita e di lavoro svolti, dei disturbi fisici passati e presenti, della famigliarità e perchè no anche dei disturbi psichici. Non basta dire “cammini di più”, ne tantomeno “vada in palestra oppure faccia yoga o pilates” bisogna lavorare come in riabilitazione in quella stretta ma importante area che si trova tra la zona che possiamo chiamare di comfort che non produce miglioramento alcuno e la zona estrema, potenzialmente in grado di produce disturbi come tendiniti, discopatie lombari e sciatalgie.
Ogni esercizio va cucito addosso come un vestito e per fare questo ci vuole un esperto sarto.