La medicina ha fatto enormi passi in avanti, in special modo quella chirurgica. Oggi operazioni al cuore sono fatte in modo quasi fantascientifico e lo stesso vale per i trapianti d’organo, le protesizzazioni articolari, tutta la microchirurgia e la chirurgia endoscopica. I miglioramenti delle metodiche e i successi sono sempre maggiori anno dopo anno.
Un intervento chirurgico ci può salvare la vita o può migliorarcela e non di poco, penso al recente intervento pionieristico fatto su un ragazzo con una deformazione della colonna vertebrale drammatica ottenendo un riallineamento insperato. Meraviglioso!
Anche ai chirurghi la mia gratitudine, non fanno poi una bella vita, lavorano nel sottosuolo, spesso passando da una camera operatoria all’altra senza sosta, lontani dalla luce del sole, al freddo, sotto non poca pressione, un gesto sbagliato e la differenza è enorme. Scusate se è poco!
La chirurgia si è sviluppata in ogni settore della medicina, vedremo sempre meno deformazioni ortopediche, riusciremo a ridare un volto ai grandi ustionati, la mobilità e la sopravvivenza alle fratture di femore che un tempo portavano a morte i nostri anziani e molto altro.
Quello che però accade sempre più è che la chirurgia venga proposta in prima istanza e con celerità quasi sconcertante anche in casi non urgenti.
E’ successo a un mio giovane paziente affetto da discopatia cervicale con cervicalgia severa associata a dolori che potremmo definire sospetti di un disturbo più complesso. Lamentava sciatalgia ricorrente e bruciore ai talloni oltre che un malessere generalizzato e stato ansioso considerevole.
E’ giunto in studio dopo aver fatto un po’ di tutto: massaggi, osteopatia, biorisonanza. I trattamenti di agopuntura si sono accompagnati in seconda istanza a correzione posturale, esercizi di respirazione e di rilassamento. Ho evitato che riprendesse l’attività sportiva che gli aumentava velocemente la contrazione muscolare in maniera estesa e generalizzata riacutizzando i dolori al collo. In due mesi è tornato dal neurochirurgo per una risonanza di controllo e l’ernia cervicale che voleva operare non c’era più. Ovviamente non c’era neanche prima ovvero si trattava di una discopatia severa ma non di una vera e propria ernia, spesso le immagini sono sovrapponibili e può essere difficile distinguere una situazione dall’altra. Quello che vedo sempre più spesso scrivere nei referti nei casi di sospetto diagnostico è sempre ernia. Come a dire meglio sbagliare per eccesso che per difetto. Mi seguite?
Meglio trattare chi non ha bisogno piuttosto che rischiare di non trattare chi ne avrebbe bisogno? Tradotto: meglio un intervento in più che uno in meno! Ecco che anche le classificazioni dei prelievi istologici o bioptici hanno nel tempo modificato alcuni parametri cercando in un certo modo di limitare al massimo il margine di quegli errori chiamati “falsi negativi”. I falsi positivi sono infatti un problema crescente sul quale si dibatte molto poco. Il rischio è che il carburante che muove questa macchina sanitaria sia quello sbagliato, ovvero quello della paura magari del tutto ingiustificata.
Il primo rischio di questo ragionamento è quello di correre troppo senza lasciare al paziente il tempo di comprendere cosa stiamo facendo. Un altro recentissimo caso inquietante è quello successo a una mia paziente affetta da sindrome ansiosa e bruxismo notturno severo. Recentemente mi racconta di un suo stato di disperazione dovuto alla recente diagnosi fatta a suo padre di tumore della prostata con riscontro di PSA elevata. Alla domanda della mia paziente fatta al chirurgo “ma potrebbe essere maligno?” La risposta (almeno a quanto da lei riferitomi) è stata quanto meno lapidaria: “ogni tumore della prostata è maligno!”. Un tumore alla prostata potrebbe essere il segnale di una prostatite, di un adenoma prostatico, peraltro patologia estremamente diffusa nella popolazione adulta maschile over 60, e infine di un carcinoma. Tumore significa ingrandimento, tumefazione di un organo e non possiede quindi una connottazione di malignità e neanche di neoformazione. Operare a prescindere per scongiurare la trasformazione in carcinoma è una decisione condivisibile da alcuni colleghi ma che in prima istanza deve essere spiegata nella sua interezza al paziente senza fraintendimenti.
Resto personalmente dell’idea che ogni paziente sia un caso a sé e vada valutato nel suo insieme: dimensioni della prostata, stato infiammatorio in corso, situazione complessiva, sintomi, decorso clinico nel tempo, aspettative sociali e relazionali ovviamente anche sessuali. Trovo poco giustificato anche sotto il profilo etico, usare il terrorismo psicologico per accellerare l’intervento senza una motivazione concreta.
Per tornare al mio giovane paziente con discopatia cervicale, un altro rischio è quello di non lasciare neanche il tempo al corpo di mostrarci la sua evoluzione, non si tiene conto della giovanissima età e di come un intervento potrebbe modificarne la vita, non si da nessuna importanza ai sintomi, in questo caso all’assenza totale di segni neurologici lesionali alle braccia e alle gambe per dover operare con urgenza, in questo caso addirittura il giorno successivo. Ci si basa solo sulla Risonanza magnetica!
In tutti i libri di Medicina vecchi e nuovi la diagnosi e la scelta terapeutica sono un insieme di dati raccolto minuziosamente e con attenzione, il miglioramento dell’imaging mediante TAC o RM è molto progredito ma non dovrebbe cancellare il buon pensiero medico e trasformarlo in un passaggio logico fatto di certezze incontrovertibili non giustificate da evidenze scientifiche reali.
Queste non sono vere urgenze o necessità chirurgiche, si tratta di “potenziali pazienti chirurgici”, ovvero di pazienti che se peggiorano possono diventare chirurgici. Al fianco di un miglioramento indiscutibile dei successi della chirurgia in tutti i campi sanitari, ritengo che un medico non dovrebbe dimenticare che i rischi operatori non sono comunque inesistenti e neanche le conseguenze.
La chirurgia come atto preventivo rischia di diventare un ragionamento pericoloso che potrebbe portarci fuori dalla good practice e da una visione di insieme equilibrata e saggia.