La vulvodinia è una malattia che ha iniziato ad essere considerata tale solo negli ultimi decenni. Il dolore in un’area così intima non veniva segnalato per vergogna e ancora di più il dolore durante l’atto sessuale era considerato quasi una normalità, in alcuni casi addirittura un dovere da affrontare coraggiosamente e senza fare troppe storie. Le donne non si sono mai tramandate da generazione in generazione il modo per avere maggior piacere nell’intimità quanto piuttosto una solidarietà nella comune accettazione del dolore legato alla sessualità.
Vieni educata che il mestruo è doloroso, che il primo rapporto è doloroso e che forse anche gli altri lo possono essere e che il parto sarà ovviamente doloroso. Certo dalle nostre parti nessuna madre si sogna di mutilare i genitali della figlia per mostrarsi adeguata e accettata alle idee del proprio clan di appartenenza, no certo che no, ma il piacere e come raggiungerlo non fa parte della nostra cultura femminile neanche alla soglia del 2020.
L’educazione sessuale non è rivolta al trovare il piacere ma esclusivamente a come evitare gravidanze indesiderate e malattie veneree e anche su questo aspetto siamo piuttosto scarsi sul piano educazionale. Le ragazzine di oggi guardano liberamente siti come YouPorn e si fanno una cultura sull’esibire sicurezza e mostrarsi sexy ma spesso non vivono e non sanno neanche cosa sia il piacere ma solo la competizione e, infatti, dopo precoci debutti si chiudono alla sessualità anche per anni come se qualcosa non avesse funzionato bene.
La vulvodinia è un termine che solo da poco ha iniziato a essere preso in considerazione e trattato con farmaci e fisioterapia specializzata. I disturbi dolorosi vulvari, vaginali interni e anali possono essere talora associati a bruciore, asciuttezza e ipersensibilità della mucosa e in altri casi avere una forte componente muscolotensiva. Spesso i disturbi possono essere di entrambe le tipologie o fluttuare da una all’altra a seconda del periodo mestruale e ormonale in corso. Il nervo che spesso si infiamma è il nervo pudendo e i muscoli contratti possono essere perianali, pelvici e vaginali.
Quello che ancora manca oggi a queste cure peraltro iperspecialistiche è la presa in carico della persona nella sua totalità E’ frequente infatti che, magari per esorcizzare l’imbarazzo, si sposti l’attenzione quasi esclusivamente su aspetti tecnici quasi esclusivamente di pertinenza ginecologica, dispositivi vaginali, trattamenti fisioterapici mirati, applicazioni di farmaci locali. Accade e non di rado che le donne trattate senza beneficio o insufficiente beneficio diventino con il passare del tempo cosi preparate sull’argomento da passare gran parte del tempo a quantificare, localizzare con precisione e descrivere il loro dolore: diventano la loro patologia.
Spesso non sanno respirare e non riescono a fare neanche un respiro completo addominale e toracico senza andare in affanno, non conoscono neanche un esercizio fisico utile per rilassare il pavimento pelvico come per esempio la magnifica postura di malasana, postura che può essere praticata tranquillamente anche con dei sostegni (cuscino o mattoncino) e non necessità di grandi abilità o elasticità articolari. Malasana da sola è capace di migliorare ed equilibrare la funzionalità intestinale spesso disturbata e rilassare meravigliosamente le pelvi e tutto il perineo.
Se fino agli anni ’80 molti disturbi dolorosi venivano confinati con troppa leggerezza nella sfera delle patologie psicosomatiche senza dare grandi aiuti se non farmacologici o psicoterapici, oggi il rischio è di fare l’opposto: si nega quasi la sfera emotiva e psicologica sottostante per affrontare quasi chirurgicamente e asetticamente il disturbo. Come sempre si cade da un estremo all’altro.
Un disturbo cronico come la vulvodinia, come molti altri disturbi fisici di tipo disfunzionale ovvero non correlati a un patologia degenerativa o organica come le dispepsie, la stitichezza l’ansia o l’insonnia per fare alcuni esempi semplici, sono presenti sul piano fisico ma anche su quello emotivo e mentale e vanno trattati su tutti i piani in quanto collegati tra di loro. Data la maggior velocità di sviluppo sul piano mentale ed emotivo rispetto a quello fisico, accade facilmente che un disturbo già risolto emotivamente e mentalmente debba ancora essere risolto fisicamente ma accade anche che un disturbo mentale ed emotivo non sia del tutto risolto e influenzi il piano fisico in maniera sostanziale.
L’agopuntura è sempre un anello di congiunzione utile tra terapia fisica, trattamento farmacologico e aspetto psicologico e mentale. Un trattamento di agopuntura prolungato e continuativo aiuta sul piano fisico a ridurre la componente dolorosa e la contratture muscolari a livello ginecologico e questo non è poco ma non si limita a questo; facilita il ritmo mestruale, migliora la funzionalità intestinale e gastrica, riduce la depressione e l’ansia verso il proprio futuro. Il beneficio si può ritrovare nella qualità del sonno e nella lucidità dello stato di veglia.
La paziente si sente genericamente più energica e se lo desidera pronta ad affrontare la sua vita, le sue scelte, i sensi di colpa autoinflitti. In alcuni casi è indispensabile un supporto psicoterapico che aiuti a far chiarezza e arricchisca di strumenti il piano mentale, in altri può bastare un supporto spagyrico personalizzato per migliorare lo stato emotivo. Esistono casi il cui percorso è semplice e breve e altri in cui è particolarmente lungo e laborioso.
La terapia di questa patologia disfunzionale, che tende purtroppo a cronicizzare e isolare sul piano relazionale le donne che ne soffrono, dovrebbe sempre essere multidisciplinare in maniera più completa non solo farmacologica e fisioterapica ma anche sostenuta con l’agopuntura, aiuti psicoterapici e non dovrebbero mai mancare pratiche di rilassamento profondo come quelle dello yoga nidra e di molteplici posture di hatha yoga specificamente idonee alla distensione dei muscoli pelvici interni ed esterni.
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Brava dottoressa ottimo argomento !