E’ ben nota al mondo degli psicologici la cosiddetta reazione al lutto, dove per lutto si intende una perdita non necessariamente di un affetto, parente prossimo, amico, collega, animale domestico ma anche la perdita di uno stato. La perdita della salute, del lavoro e della sicurezza sono a tutti gli effetti dei veri lutti.
Ecco che al sopraggiungere della morte di una situazione preesistente alla quale ci siamo legati e affezionati, le reazioni emotive più comuni sono principalmente due: la negazione e la drammatizzazione del fatto in sé. Queste due reazioni solo apparentemente opposte, si ritrovano in maniera quasi bulimica e logorroica sui social networks e purtroppo anche nella stampa, giornalismo e reti di informazione che cavalcano consapevolmente o meno queste due onde emotive.
Da un lato ci sono, come avrete avuto modo di leggere, molti disposti a negare l’esistenza della pandemia stessa, nonostante la mappa dell’infezione sia documentata con numeri che salgono continuamente, colpendo un paese dopo l’altro. Nonostante i necrologi possano avere raggiunto vette mai viste in alcune città, nonostante le foto delle fosse comuni in USA abbiano scandalizzato il mondo, nonostante video e reportage dei reparti sanitari al collasso, per molti si tratterebbe di un grande circo mediatico. E’ sufficiente una foto riciclata e non autentica (figlia di un giornalismo sicuramente scorretto) che tutto, per queste persone, diventa fasullo!
Per queste persone la negazione sarebbe totale, il virus responsabile non esisterebbe neanche, sarebbe stato creato a tavolino, i malati gravi e i morti sarebbero pura invenzione; si tratterebbe di un grande inganno, voluto dai potenti; governi pagati da case farmaceutiche, Bill Gates in testa. Medici, infermieri, esperti tutti ignari o colpevoli e venduti al sistema e via dicendo.
Dall’altro lato si trova la reazione, solo apparentemente opposta, di drammatizzazione. Una reazione che è in realtà altrettanto catastrofica. In queste persone si insinua l’idea drammatica che non esiste un modo per uscirne, che la vita da ora in poi non tornerà come prima. Tutto verrà terribilmente sovvertito dal necessario distanziamento sociale perenne; tutti i piaceri subiranno drastiche trasformazioni, la vita sessuale, il viaggiare nel mondo, lo sport, l’arte e le feste tra amici, il semplice andare al mare al bar. E spesso questi scenari vengono assecondati dai media e da molti giornalisti che li creano, mostrati orgogliosamente al pubblico, con titoli raccapriccianti; ecco la scuola che ci attende, ecco come saranno le spiagge il tutto accompagnato anche da disegni o fotografie di un futuro solo immaginato.
Anche in questo gruppo non mancano i leaders esperti di turno con la sfera di cristallo che affermano la seconda ondata è sicura, il virus non se ne andrà fino al 2022, dovremo conviverci. Escono in ogni regione Italiane permessi e divieti assurdi, guanti e mascherine anche all’aperto e in solitario, impossibile fare picnic in famiglia, yoga o ginnastica all’aperto vietati così come prendere il sole soli e tranquilli.
Appare chiaro che entrambe queste prese di posizione sono fuori strada e fuori controllo e, cosa assai grave, restano fortemente rigide e convinte dell’aspetto non solo drammatico ma anche del dover difendere le proprie idee e lottare per esse per il bene di tutti. Ne consegue che, come in politica, il pericolo diventi quello di non riuscire a unire le forze contro un nemico comune e per un bene comune inteso come il ritorno alla normalità da tutti desiderata.
Questa dicotomia emotivo-reattiva porta inesorabilmente a malcontento generalizzato e a un ulteriore separazione e ostacolo alla possibilità di trovare soluzioni condivise da tutti e agire al meglio per il bene di tutti, perché ogni schieramento è convinto di avere ragione. La temuta separazione sociale diventa separazione ideologica profonda, non basata sul colore della pelle, oppure sulle tendenze politiche ma sulle diverse paure. Questa tragica separazione corrisponde all’incapacità di cogliere l’equilibrio, lo yin e lo yang se preferite, il giorno e la notte presente in ogni dove, l’accettazione che ci sono solo verità parziali e che, soprattutto, mutano a seconda dell’angolazione che si vuole scegliere per guardarle.
In un momento di crisi è il momento di unirsi e non di separarsi. Di cercare soprattutto in noi quella moderazione, quel guardare nella direzione di quello che desideriamo nel cuore e non di quello che maggiormente temiamo. Nel panorama internazionale vediamo di tutto ma alcune nazioni emergono come le più moderate ed equilibrate evitando posizioni estreme e altre decisamente a rischio di frammentazione.
Il futuro sarà quello che noi riusciremo a realizzare; la paura dovremo trasformala dentro di noi e incanalarla nella direzione del nostro sogno del futuro. Non farci la guerra tra di noi, alzando muri e bandiere e portandoci tutti all’esaurimento mentale e psichico. Un futuro dove la natura sarà più rispettata, gli animali non più allevati in maniera incivile e malsana, la libertà di muoversi, abbracciarsi, accarezzarsi, respirare una aria pulita e sana, curarci nel modo che riteniamo più adatto a noi.
E’ il futuro che desideriamo tutti, perché non incominciare a sognarlo tutti insieme? Basta guerre di quartiere, basta credere che siamo gli unici ad aver capito qualcosa di vero e gli altri dormono, sentiamoci tutti uniti, tutti con le nostre mezze verità, tutti parzialmente ancora dormienti, tutti fragili. Tiriamo fuori il meglio di noi stessi andando dentro di noi, nel nostro silenzio, guardiamo in faccia la nostra paura. Diventeremo più forti e sapremo trovare il modo per vivere il presente nella giusta ed equilibrata direzione, restando attenti e non sottomessi, riconoscendo i limiti e pericoli di ogni comportamento e pensiero ma evitando come la peste la sua faccia estremista e il generarsi di fazioni di parte pronte a tutto pur di dar voce alle proprie idee, che in ogni dove si trovino, religione, politica e ideologia saranno sempre generatrici di separazione e di guerre inutili e capaci solo di impoverirci e farci regredire evolutivamente, oltre che aumentare nelle persone tutte, importanti stati ansiosi e di forte squilibrio psichico.