Si tratta del decorso riabilitativo di un paziente affetto da questo morbo chiamato Dupuytren, caratterizzato da un accorciamento progressivo della fascia palmare, con fissazione in flessione delle dita della mano, di solito sono colpiti maggiormente il 5° e il 4° dito.
Una patologia da ritenere debilitante e invalidante poiché impatta sulla manualità e che oggigiorno trova come trattamenti elettivi le infiltrazioni cortisoniche o di collagene e l’intervento chirurgico mirato.
Tuttavia mostreremo come il prendersi cura in maniera continuativa e specialistica, può portare in tempi decisamente accettabili a un rallentamento del processo di graduale deformazione e rigidità della mano ottenendo un miglioramento della manualità e della mobilità delle singole dita paragonabile ai trattamenti infiltrativi e capaci di mantenere i risultati degli interventi chirurgici più a lungo nel tempo.
Questo caso clinico è la conferma vivente di come il corpo possa anche in età avanzata avere ancora risorse per migliorare un decorso altrimenti considerato ingravescente e ineluttabile.
Si tratta di un uomo di 74 anni in ottime condizioni fisiche, che ama suonare il pianoforte per passione, con un Dupuytren alla mano sinistra di grado lieve iniziato oltre 15 anni or sono e già operato due volte (nel 2007 e successivamente nel 2017) e un Dupuytren alla mano destra comparso nel 2017 e peggiorato velocemente tanto da essere più grave e invalidante rispetto alla mano destra.
Si presenta in studio per chiedere se vi fosse un modo per rallentare il processo di retrazione tendinea per poter continuare a suonare il piano e magari evitare un ennesimo intervento chirurgico.
A destra il 5° dito mostrava una estensione attiva ridotta di circa 60° e il 4° dito di 40° rispetto alla posizione neutra dell’articolazione metacarpo-falangea della mano aperta e a sinistra di soli 20° per il 5° dito e 10° per il 4°dito.
Abbiamo eseguito esattamente 14 trattamenti, con una frequenza di 2 sedute alla settimana per le prime due settimane, seguiti da 8 trattamenti settimanali, proseguiti dopo la pausa di un mese di Natale con un singolo trattamento ogni 2 settimane.
Ogni seduta comprendeva un trattamento di agopuntura di 60 min secondo il metodo Balance Method durante e dopo la mobilizzazione della mano e applicazione della tecnica di miofibrolisi sulla fascia palmare e sui tendini flessori accorciati, oltre che adeguata e continua educazione del paziente all’autotrattamento. Anche questo si é strutturato e modificato nel tempo e comprende; estensioni passive delle dita, massaggio trasverso dei tendini flessori accorciati, applicazioni di moxa localmente, applicazione di una stimolazione puntiforme e solo da poco l’aggiunta della deambulazione a carponi (facilitata anche dal lavoro di nonno!)
La situazione articolare del paziente é molto più che migliorata. Se all’inizio il miglioramento era soprattutto percettivo ovvero il paziente riferiva maggiore libertà di movimento ma alla misurazione i gradi di escursione articolare sembravano poco modificati, la settimana scorsa, durante l’ultimo trattamento, a mia sorpresa l’articolarità passiva di entrambe le mani rispetto all’apertura neutra é diventata completa. Solo 2 settimane fa rimanevano al 5° dito sinistro ancora 10° rispetto all’apertura completa passiva assistita.
Attivamente la mobilità del 5° dito sinistro resta limitato di circa 30° e di 20° per il 4° dito, mentre é di soli 10° per il 5° dito destro e completa per il 4° dito. I numeri possono essere tediosi e non semplici da comprendere ma in sintesi la rigidità si é ridotta del 50% in termini di gradi di articolarità guadagnati nel movimento attivo spontaneo e del 100% nei gradi di articolarità passiva ovvero aiutato da manovre.
Vista l’età del soggetto, gli oltre 15 anni della patologia tendinea e il decorso rapidamente ingravescente della mano sinistra, ritengo che il risultato di questo caso rappresenti un esempio di come la continuità del trattamento e la perseveranza da parte del paziente siano un grandissimo strumento poco sfruttato sia da parte di noi medici fisiatri, che dai fisioterapisti, entrambi facilmente inclini a non dare speranze di fronte a problematiche di vecchia data, per paura di non avere sufficienti risultati.
Il paziente é consapevole di dover continuare a trattare e autotrattare entrambe le sue mani per mantenere il risultato raggiunto. Un caso che dovrebbe farci riflettere su quante volte si rinunci a curare per mancanza di energia mentale più che per mancanza di possibilità reale e di come applicando con diligenza e perseveranza una forza uguale e contraria, anche a una limitazione articolare avanzata si possa contrastarla efficacemente.
Ringrazio il mio paziente per aver partecipato con entusiastica e vivace intelligenza al nostro lavoro di squadra e contraccambio il suo Namastè della foto scattata a metà percorso.