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Scientificamente confermato: cosa implica?

Published by Catherine Bellwald at 15 Febbraio 2023

Da diversi anni ormai la medicina si è prudentemente spostata verso la medicina definita dell’evidenza scientifica chiamata con orgoglio Evidence Based Medicine. Ogni affermazione ed effetto farmacologico di una sostanza deve essere confutato da lavori scientifici seri e condotti su una grandissima fetta di popolazione. Tutti i lavori minori anche molto seri ma  condotti su piccoli gruppi di osservazione sono de facto considerati non significativi e vengono per cosi dire esclusi dalla letteratura scientifica ufficiale e dalle pubblicazioni di prestigio.

La medicina dell’Esperienza è morta e sepolta da anni, non importa se oggi un medico anche preparato e con un curriculum serio  verifichi l’efficacia, l’innocuità e magari il basso costo di una sostanza per trattare un disturbo. I piccoli numeri non servono a niente e i grandi clinici hanno sempre meno voglia di sprecare la loro preziosa energia uscendo dal coro dell’approvazione ufficiale di un lavoro scientifico. Sappiamo tutti quanto sia facile oggi delegittimare un clinico o un medico.

Ecco che le intuizioni da parte di menti preparate come il medico Edward Jenner che sperimentò il primo vaccino contro il vaiolo  e i medici che usarono le prime penicilline senza sapere ancora che la sostanza richiedeva somministrazioni multiple e dosaggi adeguati per salvare la vita dei pazienti in evoluzione verso una setticemia  dopo la  contaminazione batterica di ferite anche minime, ai nostri giorni sarebbero inapplicabili.

“E meno male!” direte voi. Si, da un lato siamo tutelati dai folli ma dall’altro siamo finiti con le spalle al muro ovvero molte nuove scoperte, così come tantissime vecchie cure, sono destinate a perdersi come tracce sulla sabbia.  Il metodo scientifico, una volta criticato e analizzato nel dettaglio da filosofi come Karl Popper, oggi è intoccabile, nessuno si prenderebbe la briga di analizzarne i limiti e le possibili “falsificazioni” come diceva Popper senza passare da eretico. E’ come se il metodo oggi fosse ormai postulato come perfetto e non più modificabile, quasi Divino!

Condurre un lavoro scientifico implica un grosso lavoro di raccolta dei dati e di calcolo  statistico, di reclutamento imparziale di pazienti e di terapie fornite gratuitamente magari a lungo termine. Occorre costruire un placebo confezionato del tutto similarmente  alla sostanza da testare, per creare un gruppo di controllo di pazienti che non sa di non essere curato e in alcuni casi neanche i medici lo sanno! Questa trovata si chiama controllo a doppio cieco. E’ considerato il top dello studio scientifico e oggettivamente mi chiedo come si possa applicare in totale onestà e a lungo termine

I pazienti sono ovviamente messi al corrente come da protocollo della possibilità di non ricevere alcuna cura e per questo motivo i lavori a lungo termine sono complessi soprattutto su pazienti gravi per non interagire con altre possibili cure che il paziente si impegna a non fare. Mi ricordo come ieri di una cara amica con patologia neoplastica che aveva rinunciato a fare agopuntura antidolorifica per non interferire con il lavoro sperimentale nel quale era entrata.

Un metodo che personalmente non condivido per la sua mancanza di umanità, soprattutto quando parliamo di pazienti gravi che non hanno niente da perdere e che per questo vengono presi al cappio.   Senza parlare del mondo di ipocrisia  nella attribuzione del placebo proprio in queste situazioni estreme che facilmente possono non seguire il criterio della casualità ma di altri fattori.

Diciamo che non è tutto oro quello che brilla ma soprattutto che i lavori vengono condotti solo ed esclusivamente grazie al contributi economici delle case farmaceutiche, che forniscono i prodotti i placebo e i mezzi per elaborare i dati da esperti statisti.

I lavori retrospettivi sulle cartelle e pazienti, ovvero senza reclutamento volontario ma con una analisi a posteriori sugli effetti di una cura piuttosto che un’altra, potrebbe essere molto utile vista la enorme quantità di dati internazionali utilizzabili. Eppure sono decisamente pochi, necessitano di un importante team di specialisti dedicati e pagati per raccogliere dati e analizzarli correttamente. Chi paga questi specialisti? Nonostante vi siano importanti fondi privati destinati alla ricerca,  possiamo dire senza peli sulla lingua che la direzione della ricerca il più delle volte deve necessariamente andare seguendo le direttive politiche e di mercato. Ci dovrebbe stupire forse? Penalizzare un farmaco piuttosto che un altro non sembra affatto una cosa semplice quando si tratta di case farmaceutiche concorrenti oppure ancora peggio di sostanze naturali prodotte da piccole aziende. Le case farmaceutiche sono prontissime a sottolineare i limiti di una sostanza quando ne è pronta una nuova, ecco lavori di questo genere sono davvero tanti e ben costruiti, oltre che piu’ umani nessuno resta senza cura.

Infine uscendo dai farmaci e andando verso i cosiddetti integratori alimentari, supplementare a lungo termine con la vitamina D oppure con i folati oppure altri integratori noti come lo Zinco e il Selenio un’ampia fetta di popolazione per verificare a lungo termine anche di diversi anni l’efficacia sulla riduzione di patologie oncologiche piuttosto che autoimmuni o degenerative, quale impegno sarebbe in termini economici? E chi vorrebbe investire in tal senso il proprio denaro? Se poi qualunque laboratorio privato potrà vendere tali integratori  senza che chi ha condotto il lavoro ne abbia un vantaggio economico a chi potrebbe mai interessare condurre tale indagine su ampia scala?

Ci troviamo in un cul de sac e ci vorrebbe un sac de cul per uscire da questo inghippo. Ecco che sostanze potenzialmente utili vendute come integratori oppure test per identificare alcune sensibilità allergiche potranno certamente non essere validati scientificamente su ampia scala ma non se ne esclude la loro utilità e neanche efficacia anche su disturbi severi.

Il medico informato pertanto non si inoltra su questa strada ignota e sconsiglia apertamente tutto quello che non è scientificamente sostenuto da ampi e validati lavori di ricerca. Ci si limita  al calcio e vitamina D negli anziani osteoporotici, ai folati e polivitaminici in gravidanza e poco più. A sostegno di questo atteggiamento prudente della classe medica,  l’interesse del paziente che in primis non si vuole illudere con false aspettative e magari fare spendere denaro senza certezza ufficiale e magari a beneficio di impostori. E poi non vogliamo neanche che si dica che prescriviamo sostanze fuori dai protocolli ufficiali, ne va della nostra reputazione clinica! In pratica un bel problema.

Poco importa se la nostra alimentazione sia vegetariana che animale è considerata sempre più povera di micronutrienti e troppo ricca di sostanze potenzialmente nocive. Meglio non indagare troppo per non nuocere al mercato alimentare. Poco importa se esistono migliaia di sostanze naturali con effetti altamente specifici di cui troppi medici e farmacisti  ignorano totalmente l’effetto e perfino l’esistenza, sotto alla frase “non è scientificamente dimostrato” possiamo nascondere le più semplici verità senza battere ciglio.

Un bel dilemma per le future generazioni.

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