Tiroidite di Hashimoto e agopuntura

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Termini e Condizioni
Volevo esporvi il caso di una donna di 52 anni che è arrivata nel mio studio dopo una diagnosi di Tiroidite di Hashimoto con ipotiroidismo subclinico residuo. I suoi esami ematici rivelavano ormoni tiroidei nei limiti della norma, con aumento del TSH ( ormone tireostimolante)ben 13 volte superiore alla norma e riscontro di anticorpi specifici (TPO e antitireoglobulina) elevati.
La proposta terapeutica dello specialista endocrinologo dal quale è stata velocemente mandata è stata senza ulteriori indagini di iniziare subito con una terapia a base di L-Tiroxina. Una terapia che una volta iniziata diventa quasi sempre una “terapia a vita” ovvero l’ormone assunto per via orale inevitabilmente riduce la secrezione naturale dello stesso ormone da parte della tiroide, non a caso viene definita terapia sostitutiva.
La paziente ha rifiutato con decisione la terapia proposta ed è arrivata nel mio studio per curarsi nel modo che sentiva giusto per lei. Abbiamo iniziato un trattamento con agopuntura, una correzione dietetica, una terapia orale con probiotici e una terapia spagirica. Dopo 3 mesi di cura, nel cui periodo la paziente riferiva un progressivo miglioramento della stanchezza, abbiamo rifatto gli esami del sangue. Con grande sorpresa del medico curante e dello specialista, i valori del TSH erano tornati completamente nella norma. Esistono anche numerose remissioni spontanee in casi di questo tipo talora neanche mai diagnosticate se non per pura casualità dopo gli esami del sangue e per questo, oltre ad altri motivi, terremo comunque monitorata la funzionalità tiroidea nei prossimi mesi ed anni: nessuno qui esclude che la terapia sostitutiva sia incredibilmente utile e spesso indispensabile ma… fino a che possiamo sfruttare le risorse del nostro corpo, perchè non farlo?
Non voglio generalizzare e ovviamente lungi da me il voler esibire sicurezze che non possiedo. Forse oggi siamo troppo veloci nel volere sostenere ormonalmente la tiroide senza aspettare di vedere come reagirebbe nel tempo. Etichettiamo subito la malattia come cronica incurabile e ci apprestiamo a controllare esclusivamente il livello di ormoni circolanti e non la reale funzione tiroidea residua. E’ come se dopo un ictus anche leggerissimo ci apprestassimo a fornire una carrozzina senza fare nessuna seduta di riabilitazione.
Alla domanda della paziente: “esiste un alternativa alla terapia ormonale?”, la risposta è stata un secco “no” da parte del medico di famiglia e dello specialista! Eppure sappiamo benissimo che alcune volte una sostanza carente nel sangue non è sempre segno di incapacità nella sua produzione talora può significare che il corpo la consuma velocemente. La presenza di autoanticorpi nel sangue invece ci avvisa di una alterata attivazione del sistema immunitario appunto contro tessuti del nostro corpo.
Esistono in natura numerose sostanze definite immunomodulatori ovvero capaci di stimolare la risposta immunitaria contro agenti patogeni e di calmarla invece nelle condizioni di iperattivazione. Sappiamo inoltre che riducendo l’infiammazione intestinale le placche del Payer possono essere meno sollecitate e quindi in grado di aumentare la tolleranza immunitaria anziché stimolarla
Non sappiamo invece ancora con precisione perché insorga questa patologia, non sappiamo con precisione come mai il nostro stesso sistema immunitario produca questi ormoni che aggrediscono le cellule della nostra tiroide. Riconosciamo esserci uno stato infiammatorio della tiroide forse scatenato da una malattia virale ma non ne siamo certi, ovvero non sappiamo se è l’infiammazione della tiroide a scatenare la produzione di autoanticorpi oppure un infiammazione di altro genere. In sostanza non sappiamo ancora molto sulla sua eziopatogenesi ed evoluzione ma siamo sicuri che sia sempre cronica e incurabile!
Eppure l’idea che una dieta antinfiammatoria ben mirata possa limitare l’attivazione delle placche del Payer non dovrebbe suonare da fantascienza e neanche sembrare cosi ereticamente antiscientifico.
Abbiamo provato a guardare in questa direzione, prima di trattare l’ipotiroidismo secondario con una terapia ormonale sostitutiva? La sensazione è che quando si dice malattia autoimmune si alzino subito le braccia al cielo, come per dire “resta poco da fare”. Sicuramente il sistema immunitario, nonostante sia sotto scrupoloso studio da anni e anni, resta un enigma gigantesco. La sua modulazione e stimolazione segue regole non ancora chiarite e complesse su questo non abbiamo dubbi.
Di fronte a tanti interrogativi e di fronte a un quadro lieve, il nostro atteggiamento non dovrebbe essere quello di scandalizzarci se la paziente chiede un’alternativa terapeutica! Certamente è più impegnativo dare indicazioni dietetiche e terapie non sostenute dai protocolli ufficiali, una responsabilità che non si vuole prendere.
Eppure i sintomi generali del paziente ci fanno da guida e gli esami ematologici di controllo ci indicheranno se siamo sulla buona strada. Che non si tratti di una patologia da trascurare siamo tutti d’accordo. Ma perchè in casi lievi di recente insorgenza e soprattutto in soggetti giovani, non far scegliere al paziente la strada che preferisce percorrere. La pillolina facile oppure un impegno a 360° e magari un’occasione per mettersi in forma e volersi bene?
E ancora peggio perché ignorare l’evidente e documentato miglioramento della funzionalità tiroidea anziché rallegrarci con la paziente per il suo impegno. Magari consiglieremo ulteriori controlli a distanza, per non mettere la testa sotto la sabbia e neanche la vittoria in tasca prima del tempo. Un modo in cui si responsabilizza il paziente a tutto tondo e non solo sulla assunzione regolare di una pastiglia vita natural durante.
Ma perché mettere il carro davanti ai buoi? Il nostro modernissimo sapere di sapere ci impedisce di rimetterci in continua discussione e di cogliere l’autentica veridicità dell’affermazione di Socrate ” io so di non sapere“. Oserei dire che di fronte queste situazioni a noi medici manca veramente una dose anche minima di umiltà, diventiamo arroganti e presuntuosi con la scusa che lo facciamo per il bene del paziente.
In realtà rifiutiamo questa grande verità che molte, anzi troppe, cose ignoriamo ancora e ci allontaniamo sempre di più da una medicina omeofisiologica a favore di quella sostitutiva senza neanche rendercene conto.